Mi piace viaggiare. Non è una grande rivelazione, lo so. È una di quelle verità banali che quasi tutti condividono, ma per me è diverso. Non è solo il fascino di vedere posti nuovi o assaggiare cibi dai nomi impronunciabili. È più il perdermi per vicoli sconosciuti, fare le cose di tutti i giorni ma in un contesto nuovo, sentirmi contemporaneamente straniero e a casa. È l’unica terapia che funziona davvero per me. Mi fa stare bene, incredibilmente bene. Anzi, a pensarci bene, è forse l’unica cosa che mi rende davvero felice. E questo, devo ammetterlo, mi spaventa un po'.

Perfino la mia psicologa, vedendo i miei occhi accendersi quando parlo di viaggi, mi ha suggerito di mollare tutto e semplicemente partire. Peccato che questo non sia il post in cui mando a quel paese tutti, lascio il lavoro, e mi perdo nel mondo senza meta né destinazione. Da un lato una scelta così radicale mi spaventa (ed è proprio questo il motivo per cui andrebbe fatta); dall’altro, c’è il piccolo dettaglio che, senza un lavoro, chi pagherebbe i biglietti aerei?

Per me, il viaggio inizia molto prima della partenza e continua ben oltre il ritorno. Questo post è un modo per allungare quei momenti, per rivivere le emozioni e dare forma ai ricordi prima che sbiadiscano. Quest’anno i viaggi sono stati tanti e diversi tra loro. Ci sono state prime volte che mi hanno aperto gli occhi (e non sempre in modo piacevole), ritorni che mi hanno fatto sentire a casa, e piccoli intermezzi.

Un anno di prime volte

California (broken) dreamin'

Quest’anno per la prima volta ho attraversato l’Atlantico e sono uscito dalla mia amata Europa. Penso che il termine che descrive meglio questo viaggio sia contrasto. Le città americane sono immense, ma vuote. Non ci sono persone, non c’è passeggio. Ci sono solo macchine e fentanyl zombies. A San Francisco non è insolito vedere allo stesso incrocio i robotaxi di Waymo1 e dei poveri cristi che aspettano solo di morire. La differenza di classe ti viene sbattuta in faccia sempre e comunque. C’è il benessere e il progresso della Silicon Valley, e poi ci sono tutti gli altri, quelli che sono rimasti indietro.

Durante questo viaggio, oltre che alla città del Golden State Bridge, sono stato anche a Los Angeles (per pochissimo tempo) e a San Diego. Quest’ultima è l’unica di cui ho un ricordo veramente positivo: niente di speciale, ma aveva delle piazze, un accenno di trasporto pubblico, e soprattutto c’erano persone in giro. Insomma, sembrava una città, non un grande parcheggio per auto. A Los Angeles, invece, mi è piaciuto molto l’Osservatorio Griffith. La vista sulla città, il tramonto e i suoi colori – rosa, arancione e viola – sembravano presi direttamente da La La Land. Ho visto anche qualche frammento di Hollywood, le tendopoli sui marciapiedi e poi me ne sono andato.

Ma questo è solo un lato dell’America. Poi ci sono le distese sterminate. Il guidare per ore in linea retta senza trovare niente e nessuno. Il vuoto e la calma interrotto da sporadici paesini, dove tutti i negozi sono sulla strada principale. Dove ci sono gli autobus gialli che portano i ragazzi a scuola, e quelli bianchi che portano i messicani a lavorare nei campi. Sembra quasi di essere in uno di quei film che vediamo al cinema. Perché alla fine l’America è un grande film americano, dove tutto è ancora più esaggerato.

Durante questo road trip (anche questa una prima volta) abbiamo esplorato tre parchi nazionali, ognuno con la sua personalità: Pinnacles2, Yosemite e Joshua Tree3. Difficile dire quale mi sia piaciuto di più, ma una cosa è certa: devo tornare allo Yosemite. È impressionante quante cose diverse ci siano da fare e vedere solo nella Yosemite Valley, che è solo una piccola porzione del parco.

Le attrazioni principali del nostro tour sono state le sequoie giganti del Mariposa Grove e il Mist Trail fino a Nevada Fall. Dalle sequoie giganti onestamente mi aspettavo qualcosa in più. Sono grandi, immense, ma dopo averne vista una… beh, hai visto tutte le altre. Mist Trail invece è veramente bello. All’inizio è molto facile, ma man mano che sali diventa sempre più challenging. I turisti diventano sempre meno frequenti e la natura, e in particolar modo l’acqua, diventa la protagonista. Si passa vicinissimi alla Vernal Fall e ci si bagna molto, ma lo spettacolo è assicurato. Il mio unico rimpianto è il non aver potuto scalare Half Dome4.

E parlando di contrasti americani, c’è un ultimo contrasto che la mia bilancia non ha ancora dimenticato. Mangiare sano in America è molto difficile e costoso. Ci sono i supermercati per i poveri, dove tutto è grande, colorato e chimico. E i supermercati per i ricchi, che sembrano quelli europei, le cose sono più naturali, ma tutto costa di più. Contrasti, ricordate?

Poiché siamo stati in California solo due settimane abbiamo deciso di viverle all’american way, esplorando quante più catene di fastfood possibile. Lo smash burger più buono? Sicuramente Shake Shack, dove persino il pomodoro sa di pomodoro — peccato per il prezzo. Il migliore rapporto qualità-prezzo va a Wendy’s. In-N-Out è il più economico (menu a 10$ più tasse5): panino decente, patatine veramente pessime. Per variare un po’, i migliori sono Taco Bell per il messicano e Panda Express per il cinese — quest’ultimo una vera sorpresa, buonissimo e conveniente soprattutto con il menu famiglia. Ci sono anche tante catene per fare colazione, su tutti IHOP e Denny’s. In quelle due settimane ho mangiato così tanti pancake6 che ora non ne voglio più vedere. Invece qualcosa che vorrei rivedere volentieri è un paesino disperso nel deserto di Palm Springs dove ho mangiato la migliore carne arrostita della mia vita. Se passate da quelle zone fermatevi da The Rib Co.

Business trip

Dopo aver esplorato il Nuovo Mondo, quest’anno ho anche avuto l’occasione di scoprire qualche angolo del Vecchio Continente che ancora non conoscevo, tra l’altro non a mie spese. Nel precedente lavoro più della metà dei miei colleghi erano basati fuori dall’Italia. La maggior parte in India, alcuni a Londra e Chicago. Nonostante questo, l’azienda non ha mai dato la possibilità di fare trasferte e incontrarci di persona7. Nella nuova azienda invece ho avuto la possibilità di conoscere i miei nuovi colleghi tedeschi dopo pochi mesi, per la cena di Natale, a novembre. Cena su cui sorvolo elegantemente. I tedeschi hanno molti talenti, la cucina non è tra questi e non vedo perché infierire.

Il viaggio d’andata è stato un’odissea. Magdeburgo è una città abbastanza sconosciuta nel nord-est della Germania, e Pisa in inverno non è proprio un hub internazionale. Risultato? Partenza alle sei di mattina, dodici ore di viaggio, due aerei e tre treni. Ironia della sorte: ho impiegato meno tempo ad arrivare in California. E anche stavolta, niente sonno.

Dopo Magdeburgo abbiamo passato il weekend a Berlino, e i contrasti tra le due città sono stati immediati. Magdeburgo, con il suo verde e i suoi scorci interessanti8, mi ha trasmesso tranquillità e ordine. Berlino ti travolge con il caos tipico delle grandi città: distanze immense e quartieri che sono piccole città nella città, ognuno con il suo stile e la sua atmosfera. A Magdeburgo trovi una città più vecchia e lenta, dove comunicare può essere una sfida se non mastichi un po’ di tedesco9. A Berlino invece le strade brulicano di giovani e passeggiando per le vie del centro ho ascoltato una moltitudine di lingue diverse.

Paradossalmente è più turistica Magdeburgo che Berlino. La prima ha una chiara identità e una storia. La seconda è una tavola bianca distrutta dalla guerra in cui tutto è nuovo. Si percepiscono le molteplici anime e le varie fasi della ri-costruzione. Ma soprattutto si percepisce che è un processo ancora tutto in divenire.

Durante questo viaggio ho capito anche che a Magdeburgo prendono molto seriamente il Natale. Ci sono diversi mercatini di Natale, e veramente tante luci. Ogni strada ti ricorda il periodo dell’anno in cui ti trovi. Inoltre sentire l’aroma della cannella fondersi con quello dei Wurst è decisamente un’esperienza da fare. Berlino invece è diversa. Ha i suoi mercatini con gli stand del Glühwein, ci sono i vialoni illuminati, ma nonostante questo è spenta. Non ci sono le lucine e non si respira l’atmosfera del Natale. Non credo farebbe differenza visitarla a metà dicembre o a giugno, l’atmosfera sarebbe la stessa, farebbe solo meno freddo.

La cosa più assurda di questo mio primo business trip è che mi è piaciuta quasi più la parte di business che quella di trip. Né Magdeburgo, né Berlino finiranno nella lista delle mie città preferite. La visita di queste due nuove città è stata una cosa divertente che non farò mai più, o almeno nel breve periodo10. Invece conoscere di persona i nuovi colleghi e vederli in contesti insoliti11 è stata un’esperienza che rifarei. Ho sempre pensato che il viaggio sia un amplificatore di esperienze e credo che quello valga anche per i viaggi di lavoro.

Un anno di ritorni

Parigi a cinque cerchi

Quest’anno ho iniziato a ripercorrere i miei passi, tornando in città e luoghi che avevo già visitato. Sono tornato a Parigi e ora ne ho la certezza: è la mia città preferita. La «scusa» per tornare è stata quella delle Olimpiadi — l’anno scorso ho avuto la possibilità di acquistare i biglietti per un paio di eventi, e non me la sono fatta scappare.

L’esperienza olimpica è stata molto più piacevole di quanto mi aspettassi. Vedere la città sotto una veste nuova è stata una bellissima esperienza, sorprendentemente meno caotica del previsto. Certo, c’erano più controlli e l’accesso a diverse zone era limitato, ma niente di troppo invasivo che limitasse la visita12. L’idea di svolgere le competizioni nel cuore della città è stata geniale: ha esaltato i punti di interesse già presenti, come se Parigi avesse bisogno di ulteriore fascino. Una sera, mentre il calderone olimpico si innalzava sopra la piazza del Carrousel, mi sono reso conto di quanto fosse surreale la scena: davanti a me l’Arco di Trionfo e parte dei giardini delle Tuileries, sullo sfondo, mezza nascosta dai tetti di Parigi, la Torre Eiffel con il suo faro che illuminava il cielo, e alle mie spalle il Louvre con la sua piramide13.

L’esperienza è stata così piacevole che mi sono già iscritto alla lotteria per la prossima edizione. E quando dico lotteria, intendo proprio quello: registrarsi, incrociare le dita e, se sei tra i fortunati vincitori, avere un breve slot temporale per acquistare a caro prezzo i biglietti. Non proprio un viaggio last minute, considerando che per Parigi mi ero iscritto a settembre 2022 e ho comprato i biglietti a maggio 2023. L’unico vero rimpianto dal punto di vista sportivo è stato il non aver visto nessun italiano salire sul podio, ma ho rimediato adottando temporaneamente i Paesi Bassi14.

Per la parte turistica, ho cercato di esplorare attrazioni diverse dalla volta precedente. Il museo dell’Orangerie è stato una scoperta a metà: le due sale delle ninfee sono davvero spettacolari, ma il resto… diciamo che era lì per fare numero. Ci siamo lasciati guidare dal caso, a volte finendo nel bel mezzo del nulla, altre volte trovandoci esattamente dove dovevamo essere. Abbiamo preso la linea 6 della metro e ammirato la Torre Eiffel dal ponte di Bir-Hakeim — sì, quella che molti considerano solo un ammasso di ferraglia, ma che per me resta una ferraglia meravigliosamente affascinante. Tanto che ho deciso di salirci di nuovo, a piedi, come la prima volta15.

Questo è stato il mio ritorno a Parigi, ma c’è stato anche un altro viaggio, un viaggio nel viaggio. Con altre persone, con un altro mood. Ho approfittato dell’essere a Parigi per fare un salto in Normandia a salutare le mie ex coinquiline. Era un viaggio fatto più per le persone che per vedere cose nuove, ma devo dire che la Normandia mi ha sorpreso molto. L’atmosfera qui è totalmente diversa da quella di Parigi: c’è la campagna, si respira un’aria di tranquillità e vita lenta.

Siamo stati a Mont Saint-Michel, dove ci è sembrato di essere Harry, Hermione e Ron in giro per Hogwarts. Molto bello, peccato non aver potuto vederlo nella sua versione isola e non aver potuto frequentare qualche lezione di stregoneria. Ma ci siamo consolati facendo le goûter con torta normanna e crepes.

Siamo anche stati al cimitero dei soldati americani in Normandia. Questo è uno di quei posti che ti dà un pugno nello stomaco quando lo visiti. Ma è uno pugno nello stomaco che va incassato. Una distesa di croci a perdita d’occhio, qualche bandiera16, dei fiori e molto silenzio. E poi c’è quel pensiero fisso nella tua testa: ti chiedi a cosa servano tutte quelle ore spese a studiare la storia se poi facciamo sempre gli stessi errori.

Prima di tornare a casa, mi sono fermato a Giverny per visitare il giardino d’acqua di Monet. Questo è uno di quei luoghi che, nonostante la ressa dei turisti, riesce a trasmetterti una tranquillità innaturale. Vedere a distanza di qualche giorno sia il quadro che il luogo che lo ha ispirato è stata un’esperienza curiosa17, come se il cerchio si fosse chiuso, in qualche modo.

Anche in questo caso una parentesi sul cibo credo sia necessaria. Onestamente non capisco tutto questo astio nei confronti della cucina francese. Avendo vissuto con dei francesi so benissimo che ogni tanto tendono a pasticciare con la pasta, ma per il resto è quasi tutto buono. Ritrovare il pain au chocolat e le boulangerie è stato bellissimo, ma mi è piaciuto anche provare sapori nuovi. L’ossessione di questo viaggio è stata la brioche imburrata e tostata. L’ho provata sia con il pulled pork che con l’aragosta, entrambe le volte buonissima. Altro piatto di carne che ho mangiato di nuovo in questi giorni francesi è il boeuf bourguignon. Super consigliato. Non ho mangiato le lumache, ma onestamente non me ne pento18.

Colonia Christmas edition

La scusa per tornare a Colonia sono stati i mercatini di Natale. Nella città ce ne sono diversi e alcuni di questi riescono ad emergere decisamente rispetto agli altri. Il mio preferito è quello di Heumarkt, dove si respira un’atmosfera tranquilla e di festa19. Ma in generale tutti meritano una visita e sono sicuramente più belli di quelli che ho visto nel mio viaggio di lavoro, ma meno di quelli dell’Alsazia che ho visto l’anno scorso, ma onestamente non so quanto affermazione sia oggettivamente vera. Ho sempre trovato affascinante come la nostra percezione del mondo esterno sia influenzata dal nostro stato interno. Questo viaggio mi ha fatto sperimentare in maniera diretta questo fenomeno. L’anno scorso ero alla ricerca di un regalo per il Secret Santa con i miei coinquilini e ogni stand mi sembrava un’opportunità per fare un regalo particolare. Quest’anno non avevo il Secret Santa da fare e tutte le bancarelle mi sembravano piene di cianfrusaglie. Alla fine è tutta prospettiva.

L’altro motivo, quello vero, per cui sono tornato a Colonia è Phantasialand. C’ero già stato due estati fa e grazie alla sua tematizzazione e immersività è diventato immediatamente il mio parco a tema preferito. Questo senza contare che ci sono F.L.Y. e Taron, molto diversi tra di loro, ma entrambi i miei rollercoaster preferiti. Il primo sembra una coccola dolce, il secondo è una raffica di pugni nello stomaco. Probabilmente molti preferiscono farsi cullare da F.L.Y., ma io sono team Taron20. Phantasialand è anche famoso per l’evento natalizio e le migliaia di lucine che illuminano in questo periodo il parco. Sia chiaro, tutto molto bello, però ci sono anche tante persone, forse più che in estate, e a volte diventa difficile anche solo camminare nel parco21. Infine in inverno non c’è il sole e fare le attrazioni acquatiche a dicembre non è proprio la scelta più saggia, ma non sempre la saggezza è una virtù da perseguire.

Phantasialand a parte, questa volta ho avuto più tempo per esplorare la città con calma. La visita dell’anno scorso è stata breve, ma intensa. Siamo riusciti a visitare sia il museo Ludwig22 che quello del cioccolato. Quindi questa volta non avevo molte cose da fare e onestamente non mi ero neanche preparato molto per questo viaggio. Ero curioso di vedere un match di hockey sul ghiaccio, ma il calendario della squadra di casa non si abbinava con i miei impegni23. Quindi l’unica esperienza veramente nuova è stata la scala della torre del duomo. La salita non è stata facile, i gradini sono molti e il vento e l’umidità certo non aiutano. Poco prima della cima ho iniziato a pensare anche di soffrire di vertigini e me la sono presa con il me del passato per aver deciso di salire sulla torre. Ma alla fine ne vale la pena perché la vista della città e del Reno dall’alto vale ogni fatica24.

Una cosa che ho fatto questa volta, ma non l’anno scorso è stato perdermi nella città. Vagare senza sapere dove stavo andato. L’altra volta avevamo preso un macchina a noleggio. Ci ha semplificato di molto la vita e ci ha dato libertà di andare dove volevamo25. Ma non si riesce a vivere veramente una città girando in macchina. Se si vuole esplorare veramente un posto non c’è altra soluzione che girare a piedi e perdersi. In questi giorni l’ho fatto ed è stato bello.

In questo viaggio ho anche mangiato il miglior currywurst della mia vita26. Lo fanno due signore in uno stand rosso. Una parla l’inglese, l’altra non spiccica una parola. Sono tra i pochi a non accettare pagamenti elettronici. Solo contanti, naturalmente maneggiati con le stesse mani con cui toccano il cibo. E sono certo che sia proprio questo a dare quel sapore buonissimo alla loro salsa. Il negozio si chiama Curry B e se non avete paura dei microbi e dell’unto ve lo consiglio caldamente.

Non tutti i ritorni sono uguali. Ci sono ritorni che ci lasciano l’amaro in bocca. E questa seconda volta nella città tedesca un retrogusto amaro un po’ me l’ha lasciato. Non perché sia stata una brutta esperienza, anzi. Ma perché a volte torniamo in un luogo e non troviamo quello che avevamo lasciato. O forse quello che avevamo lasciato esisteva solo nei nostri ricordi. Era una sensazione, uno stato d’animo più che un luogo.

Intermezzi

Viaggiare è sicuramente la mia terapia, ma quest’anno ho scoperto che può essere anche un ottimo modo per separare le varie fasi della vita. Quando ho cambiato (di nuovo) lavoro, queste due stagioni della mia vita avevano bisogno di un momento di stacco tra il vecchio e il nuovo, una sigla prima del prossimo episodio. E così ho deciso di prendermi del tempo. Un po’ per separare queste due fasi, un po’ perché avevo bisogno di staccare io. Mi sono ritrovato ad avere del tempo libero e l’unica cosa giusta da fare mi è sembrato prendere un volo e partire. Una rapida ricerca su Skyscanner e si parte. Questa è la storia di come mi sono ritrovato a Vienna.

Questo è stato un viaggio insolito. Non tanto per la sua natura last minute, quest’anno è stato un elemento abbastanza comune27, ma più che altro perché è stato il primo viaggio in cui non ho davvero «fatto» niente. Ultimamente mi sono abituato a viaggi dove la domanda «non è più “dove sei stato?” ma “cosa hai fatto?"». E a Vienna… beh, a Vienna ho solo visitato la città. Niente esperienze particolari, niente momenti memorabili, niente storie curiose da raccontare. Ho apprezzato il giardino zen di Setagaya park. Ed è stato bello vagare per lo zoo e i musei, ma è mancato qualcosa. Qualcosa che rendesse la città unica. Per me Vienna è come la Sachertorte: molto buona, ma forse mi aspettavo qualcosa di più. Però sono convinto che meriti una seconda possibilità, magari nel periodo natalizio. Magari mangiando currywurstel, aromatizzati al contante, al posto della torta.

Un altra caratteristica che ha reso Vienna diverso dal solito è stata l’assenza di parchi a tema. Nell’estate del 2022 sono stato a Disneyland Paris per la prima volta e lì mi si è aperto un mondo. Non so spiegare perché mi piacciano così tanto. O forse sì. I parchi a tema sono intermezzi perfetti: spazi sospesi dove il tempo scorre diversamente e la realtà si piega a regole tutte sue. Sono abbastanza convinto che il mio amore per questi posti dipenda dal mix di fuga dalla realtà e adrenalina. O forse dal mio sospetto di essere afantasioso28. Non lo so con certezza, e in fondo non mi interessa neanche trovare una spiegazione. So solo che l’anno scorso ogni volta che ho viaggiato sono riuscito ad allegare al viaggio anche un parco a tema, come una piccola pausa dalla pausa, un intermezzo nell’intermezzo. A Vienna questo non è stato possibile e un po’ mi è mancato29.

Vienna per me è stato un intermezzo tra due lavori. Un taglio facile da ricordare, chiaro, netto. Eppure, nonostante sia stato un viaggio «vero», mi ha lasciato meno ricordi di tanti piccoli intermezzi, dalla durata più breve, che separano eventi meno rilevanti. Ci sono i concerti, le gare di Formula 1. Ci sono le trasferte in macchina per andare a matrimoni e battesimi, quelle in treno per andare alle Lauree o per vedere persone care che non riusciamo a vedere quanto vorremo. Ci sono le mostre nei weekend e tutte quelle piccole attività che non sono degne di un post su instagram, ma solo di una story. Quando si fanno i bilanci di fine anno è facile dimenticarsi di questi momenti. Le stories scompaiono e con loro anche i ricordi sembrano sbiadire. Eppure sono questi intermezzi a dare ritmo alle nostre giornate. Sono loro a separare un lunedì dall’altro, a impedire che la routine diventi monotonia. Sono gli intermezzi tra la routine di tutti i giorni e sono loro a dare un senso a tutto30.


  1. In una città dove di solito trovi più parcheggi che persone, ho persino assistito alla scena surreale di un robotaxi in crisi esistenziale perché non trovava dove accostare. È stato divertente. ↩︎

  2. Questo parco è il set perfetto per un film western. Noi abbiamo fatto il Balconies Trail. Durante il percorso ad anello ci sono due caverne. Che dire sono entrambe molto belle e divertenti da percorrere. Ma abbiamo provato sulla nostra pelle che sarebbe meglio avere una torcia con sé. E no, il flash dello smartphone non è abbastanza. ↩︎

  3. È un deserto roccioso dove i protagonisti sono gli alberi di Joshua a cui è meglio stare a distanza perché pungono. Noi abbiamo fatto l’Hidden Valley Trail. Bello, ma per divertirci fino in fondo siamo stati costretti a fare qualche off-road↩︎

  4. Noi siamo stati allo Yosemite in tarda primavera, durante lo scioglimento dei ghiacci. Questo vuol dire che c’era acqua. Ovunque! Fiumi e cascate erano in piena, era possibile vedere torrenti che in estate sono asciutti, ma diversi percorsi erano chiusi perché c’erano ancora neve e ghiaccio. Quindi bisogna scegliere quando andare anche in base a quello che si vuole fare. ↩︎

  5. Che odio! Scrivete il prezzo finale e pace. Per non parlare della mancia. ↩︎

  6. Se vi trovate una pallina bianca sopra al vostro stack di pancake con molta probabilità non si tratta di gelato alla vaniglia, ma di burro. Anche questo l’ho imparato a mie spese. ↩︎

  7. D’altronde il proprietario va anche compreso. È soltanto il secondo italiano più ricco al mondo e per diventare primo deve risparmiare dove può. ↩︎

  8. Tra cui anche un complesso con un’architettura decisamente insolita. Ricorda per certi versi Gaudì, ed è sorprendentemente simile ad un altro palazzo che ho visto a Vienna. Sono quasi certo che l’architetto sia lo stesso, ma verificarlo richiederebbe uno sforzo che non sono disposto a compiere in questo momento storico. ↩︎

  9. Io naturalmente non conosco una parola in tedesco, ma per fortuna sono italiano e parlo l’unica lingua universale, quella dei gesti. ↩︎

  10. Diverse persone che hanno vissuto a Berlino mi hanno detto che è una città da vivere e non da visitare, ma onestamente non credo di aver voglia di provare questa affermazione sulla mia pelle. ↩︎

  11. Vedere il CEO scatenarsi sulla pista da ballo è stata decisamente un’esperienza interessante, ma mai quanto perdersi con il CTO all’una di notte in un cantiere. Una storia che non racconterò, perché quello che succede a Magdeburgo resta a Magdeburgo. ↩︎

  12. Sopratutto se si considera che ero partito convinto di morire in un attentato. ↩︎

  13. In quel momento ho pensato che i francesi se la tirano molto, ma alla fine fanno bene. ↩︎

  14. Il destino ha voluto che allo Stade de France avessimo come vicini due tifosi orange e che per la staffetta 4x400 mista l’Italia non avesse alcuna speranza. Da tifoso di Formula 1, conosco fin troppo bene l’inno olandese (grazie, Max), quindi perché non unirsi a loro? Quando nell’ultima frazione gli atleti dei Paesi Bassi sono passati dal quarto posto all’oro, ci siamo ritrovati a cantare e festeggiare con i nostri vicini come se fossimo stati orange da una vita. ↩︎

  15. E proprio come la prima volta, dopo la Torre sono finito a mangiare da Five Guys (anche questo buonissimo, ma caro). Ma questa volta era diverso: avevamo un treno da prendere — l’ultimo della giornata — e zero tempo da perdere. Abbiamo preso il cibo da asporto e ci siamo precipitati verso la stazione. Questa sarà probabilmente l’istantanea di Parigi che porterò con me per sempre: stanchi morti dopo una giornata di camminate, con ancora negli occhi il tramonto sulla città e le luci della Torre, divorando patatine fritte sul treno sotto gli sguardi perplessi degli altri passeggeri. Eravamo unti, ma belli, diretti verso Disneyland↩︎

  16. Fun fact: ho visto più bandiere degli Stati Uniti in Normandia che in California. ↩︎

  17. È stato un po’ come giocare a «trova le differenze» tra arte e realtà. ↩︎

  18. In compenso ho mangiato caraibico al ristorante dei Pirati dei Caraibi. Gli straccetti di pollo con papaia e lime non sono certo un classico della cucina francese, ma lasciavano la bocca veramente fresca. Mentre il filetto di mahi mahi su emulsione di latte di cocco e peperoni molto buono, ma non l’ideale se hai in programma di andare sui rollercoaster↩︎

  19. In questo mercatino oltre ai vari stand c’è anche una pista di pattinaggio e un campo di curling o comunque qualcosa di simile. Si capiva immediatamente che è un luogo per le persone del posto più che per i turisti. Rendeva tutto più autentico. ↩︎

  20. Le aperture invernali dei parchi a tema sono l’occasione ideale per fare un giro sui rollercoaster di notte. L’esperienza cambia totalmente, e la sensazione di perdita di controllo è incredibile. ↩︎

  21. Dopo questo viaggio ho una nuova regola, mai andare nei parchi a tema nel weekend, anche se è dicembre. ↩︎

  22. Ecco questo museo per me è super consigliato. L’unico museo più bello del Ludwig secondo me è il MoCo di Amsterdam. ↩︎

  23. Il campo da hockey si trova nell’arena Lanxess. Lo so perché la volta precedente c’era il concerto dei Blink. Anche quella volta non sono riuscito a vederlo. Che dire, non ho un buon rapporto con questa arena. ↩︎

  24. Quest’anno è stato senza dubbio un anno di scalate e di torri. Oltre a quella del duomo di Colonia sono salito anche su quella di Pisa. Ma inutile dire che la mia preferita è la torre Eiffel, che credo mi abbia rovinato qualsiasi altra torre del mondo. ↩︎

  25. Per esempio senza auto non ci si arriva mai e poi mai al Nürburgring. E soprattutto non si possono prendere i percorsi alternativi di Google Maps, quelli che ti fanno risparmiare quindici minuti di viaggio, ma ti fanno finire in strade che in realtà sono sentieri. ↩︎

  26. Sul web tutti consigliano i currywurst di Berlino, ma a me non sono piaciuti per niente. ↩︎

  27. Non mi considero una persona organizzata, ma decisamente una ansiosa. Per questo motivo penso molto sulle cose e sono abituato a prenotare i mie viaggi in anticipo. Forse l’aver pianificato Parigi così per tempo mi ha fatto scoprire il gusto di improvvisare. Per esempio il viaggio in California è stato prenotato poco più di due mesi prima, che non è poco, ma neanche tanto per un viaggio intercontinentale. Per Vienna ho comprato il biglietto aereo solo sei giorni prima della partenza. Ma la cosa di cui vado più fiero è stato il GP di Imola. Ho comprato il biglietto per la gara di domenica la notte tra venerdì e sabato. Improvvisazione. ↩︎

  28. Voi riuscite ad immaginare una mela verde su un tavolo? Io non ci riesco 🥲. ↩︎

  29. Si, a Vienna c’è il Prater, ma quello è un luna park, non un parco a tema. E no, non sono la stessa cosa. In un luna park viene meno tutta l’immersività e la tematizzazione. ↩︎

  30. Ha letto tutto, fino ai titoli di coda. Voglio solo dirti grazie. ↩︎